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Uno degli eventi più avvilenti e frustranti che può
capitarci quando trascorriamo una giornata di pesca è la rottura della lenza
mentre combattiamo con un bel pesce, soprattutto se ciò è stato causato dalla
nostra negligenza o impreparazione. Perdere un bell’avversario perché non siamo
stati in grado di contenere le sue fughe, oppure per la fretta d’issarlo a riva,
è la conferma della nostra impreparazione, una chiara dimostrazione di quanto
ancora dobbiamo imparare per contenere la nostra emotività e per sfruttare al
meglio la nostra attrezzatura. Se la rottura del filo è avvenuta per il
cedimento di un nodo, dobbiamo biasimare la nostra pigrizia e sciatteria,
perché non ci sono giustificazioni alla scarsa volontà di comporre
opportunamente la lenza e di imparare a realizzare nodi appropriati e sicuri.
Il pesce dei nostri sogni può abboccare una sola volta in tutta la vita e se
l’esito di tale avvenimento è pregiudicato dalla nostra incuria, avremo tanti
rimpianti difficili da dimenticare. A distanza di anni ancora ricordo le
sconfitte con alcuni dei più bei pesci con cui ho avuto occasione di misurarmi
e continuo a provare un po’ di rammarico per ognuno di essi, anche per quelli
che mi hanno battuto perché si sono slamati senza che ne avessi colpa.
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Detesto perdere un pesce nella fase avanzata del combattimento, soprattutto se rompo il terminale della lenza, e per tale motivo presto certosina attenzione a ogni singolo nodo che eseguo sulle mie montature. L’esperienza e la lettura di articoli e manuali mi hanno aiutato a distinguere i nodi che offrono maggiori garanzie di tenuta da quelli che pregiudicano eccessivamente il carico di rottura del filo e ciò ha contribuito moltissimo sulla qualità delle mie catture, anche perché coi nodi giusti ho ridotto diametro dei miei monofili, riuscendo trarre in inganno i pesci più scaltri e timorosi, che di solito erano anche i più grandi.
Il pescatore con la mosca deve conoscere e saper eseguire correttamente i diversi nodi per unire assieme il backing, la coda di topo, il finale, il terminale e la mosca. Per il principiante tutto ciò può apparire assai complicato, ma è fondamentale esercitarsi, magari con un manuale o sotto la supervisione di un amico più esperto, fino a quando non si ottengono legature solide e ben fatte. È importante, altresì, conoscere le caratteristiche e la resistenza dei vari sistemi di congiunzione, giacché nodi apparentemente simili per aspetto pregiudicano in maniera diversa il carico di rottura del monofilo di nailon e tale riduzione può variare anche del 35%. Mi resi conto di questa differenza leggendo un articolo sulla rivista britannica Trout and salmon, nel quale erano descritti e testi alcuni dei più comuni nodi per la pesca a mosca, compreso blood knot, il nodo del sangue, che a quel tempo era l’unico che adottavo per comporre o riparare i miei finali. In pratica i test sul blood knot dimostravano che riusciva a mantenere soltanto il 60/65% del carico di rottura del monofilo: compresi allora perché tutte le rotture dei miei terminali avvenivano prevalentemente sull’ultimo nodo del finale. Sullo stesso articolo era descritto anche il nodo dell’acqua a quattro giri, il cui test rivelava una resistenza pari al 90/95% del carico di rottura del filo: nodo facilissimo da eseguire, che da quel momento in poi adottai in maniera quasi esclusiva.
Partendo da zero nell’assemblaggio della nostra lenza, il primo nodo da realizzare è quello che ci consente di fissare il backing mulinello.
Il pescatore con la mosca deve conoscere e saper eseguire correttamente i diversi nodi per unire assieme il backing, la coda di topo, il finale, il terminale e la mosca. Per il principiante tutto ciò può apparire assai complicato, ma è fondamentale esercitarsi, magari con un manuale o sotto la supervisione di un amico più esperto, fino a quando non si ottengono legature solide e ben fatte. È importante, altresì, conoscere le caratteristiche e la resistenza dei vari sistemi di congiunzione, giacché nodi apparentemente simili per aspetto pregiudicano in maniera diversa il carico di rottura del monofilo di nailon e tale riduzione può variare anche del 35%. Mi resi conto di questa differenza leggendo un articolo sulla rivista britannica Trout and salmon, nel quale erano descritti e testi alcuni dei più comuni nodi per la pesca a mosca, compreso blood knot, il nodo del sangue, che a quel tempo era l’unico che adottavo per comporre o riparare i miei finali. In pratica i test sul blood knot dimostravano che riusciva a mantenere soltanto il 60/65% del carico di rottura del monofilo: compresi allora perché tutte le rotture dei miei terminali avvenivano prevalentemente sull’ultimo nodo del finale. Sullo stesso articolo era descritto anche il nodo dell’acqua a quattro giri, il cui test rivelava una resistenza pari al 90/95% del carico di rottura del filo: nodo facilissimo da eseguire, che da quel momento in poi adottai in maniera quasi esclusiva.
Partendo da zero nell’assemblaggio della nostra lenza, il primo nodo da realizzare è quello che ci consente di fissare il backing mulinello.
LA CONNESSIONE CON IL MULINELLO

La maggior parte dei moschisti compie questa congiunzione creando una cappiola munita di nodino di sicurezza sull’estremità del backing e poi la serra attorno al perno centrale del mulinello. La sua esecuzione prevede di posizionare il mulinello per il verso che avrà sulla canna e di passare il capo del backing attorno al pignone centrale del verricello: il filo deve entrare dalla parte superiore e uscire da quella inferiore, così che la cappiola andrà a serrarsi sul filo stesso nel senso contrario all’avvolgemento, aumentandone l’attrito e la presa sul perno; se posizionata al contrario, la cappiola tenderà a non chiudersi saldamente e a scorrere sull’asse del mulinello. Estratto il backing dal mulinello, lo giriamo attorno alla sua parte esterna per creare un nodo semplice e infine lo ruotiamo su se stessa per realizzare il nodino di sicurezza.

Serriamo la cappiola fino a bloccarla contro il nodo di sicurezza e tagliamo l’eccedenza del filo, fondendo poi la sua estremità con la fiamma di un accendino per evitare che si sfilacci.
IL NODO AD AGO
La connessione tra backing e coda di topo, che vale anche
per unire la coda al finale, può essere eseguita con nodo ad ago, oppure con
l’albright. In passato mi servivo esclusivamente del primo, perché scorre facilmente tra gli anelli della canna e risulta assai pratico per estrarre
rapidamente e senza intoppi il finale dalle serpentine, soprattutto quando ne
utilizzo uno piuttosto lungo, il cui nodo di connessione deve necessariamente
passare tra i primi anelli della canna nelle fasi di salpaggio del pesce. Queste
doti di scorrevolezza sono ancor più preziose quando si combatte con una bella
preda capace di estrae tutta la coda e parte del backing dal mulinello, giacché
è quasi impossibile che il nodo ad ago si incastri tra le serpentine della
canna. Tuttavia mi è capitato che simile legatura cedesse nonostante fosse
stata ben realizzata, comportando la perdita di prede importanti per pregio e
dimensioni. In pratica, impiegando quale finale tre metri di monofilo dello
0,33, fissandoli col nodo ad ago a una grossa coda del n.10 per la pesca al
salmone, persi in ferrata due bei pesci. Imputai tale disastroso inconveniente al
diametro troppo sottile del filo, probabilmente inadeguato per essere legato
direttamente alla coda di topo con un nodo ad ago, giacché stringendosi attorno
alla guaina della coda la incise fino a tranciarla. La mia ipotesi forse era
sbagliata, ma da quel giorno comincia ad assemblare le mie lenze per grossi
pesci col grassoccio, ma molto più solido nodo
albright.
Per comporre il nodo ad ago con un finale conico bisogna far entrare il tip di questo dal fianco della coda di topo e poi farlo uscire dalla sua punta. Con un finale a nodi, invece, possiamo forare l’apice e il fianco della coda con l’ago piuttosto grande e cercare di far entrare la base del finale all’interno del buco, magari tagliando obliquamente lo spesso monofilo per appuntirlo e agevolare la sua penetrazione. Il nodo ad ago può essere eseguito anche senza far entrare il finale o il backing all’interno della coda e la legatura che si ottiene è altrettanto efficace, sebbene meno scorrevole tra gli anelli della canna.
Per comporre il nodo ad ago con un finale conico bisogna far entrare il tip di questo dal fianco della coda di topo e poi farlo uscire dalla sua punta. Con un finale a nodi, invece, possiamo forare l’apice e il fianco della coda con l’ago piuttosto grande e cercare di far entrare la base del finale all’interno del buco, magari tagliando obliquamente lo spesso monofilo per appuntirlo e agevolare la sua penetrazione. Il nodo ad ago può essere eseguito anche senza far entrare il finale o il backing all’interno della coda e la legatura che si ottiene è altrettanto efficace, sebbene meno scorrevole tra gli anelli della canna.
Per realizzare il nodo ad ago dobbiamo passare il backing o l’estremità posteriore del finale all’interno di un breve tratto apicale della coda di topo e per riuscire in questa operazione dobbiamo servirci di un ago da cucito e di uno spezzone di monofilo di nailon dello 0,15 lungo circa venti centimetri. Inseriamo entrambe le estremità del filo di nailon all’interno della cruna dell’ago e infiliamo poi la punta di questo nell’apice della coda di topo. L’ago va inserito due o tre millimetri all’interno della coda e poi fatto uscire dal suo fianco.
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Estraiamo l’ago seguito da entrambe le estremità del monofilo di nailon e stringiamo leggermente la piccola asola di filo che abbiamo creato in punta alla coda.

Inseriamo nell’asolina il capo del backing e infiliamolo nella coda, facendolo poi uscire dal suo fianco tirando entrambe le estremità del filo di nailon.

Col pollice e il dito indice teniamo stretto il tratto apicale del backing contro la coda di topo e giriamo in senso antiorario e attorno a questi due l’anello di filo che abbiamo creato, cercando di realizzare delle spire serrate e abbastanza accostate le une alle altre.

Dopo aver girato l’ultima delle sei o sette spire, tiriamo da una parte e dall’altra le estremità del backing, formando un compatto nodino che faremo scorrere fino al foro laterale sulla coda di topo prima di serrarlo completamente.

Tagliamo l’eccedenza di filo e pennelliamo sulle spire del nodo una goccia di colla cianoacrilica specifica per la pesca, in alternativa possiamo usare l’adesivo per riparare gli stivali, tipo l’Aquasure.
IL NODO ALBRIGHT
Preferisco il nodo albright per comporre le mie lenze destinate allla pesca di pesci potenti e di grandi dimensioni perché è davvero robusto e affidabile. La sua funzione nella pesca a mosca è di permettere la congiunzione tra coda e backing, oppure tra coda e finale, ma può essere utilizzato anche per innestare uno shock leader al tip del finale. Facilissimo da realizzare, questo nodo ha dimensioni non proprio sottili, giacché le sue spire si avvolgono su una doppia sezione della coda di topo; tuttavia impiegando il backing di tipo gel spun, che è notevolmente più sottile del tradizionale, si ottengo legature sufficientemente sottili da scorrere senza troppi problemi tra le serpentine della canna.

Giriamo una volta il backing attorno alla coda di topo e fermiamo questa spira col pollice e il dito indice della mano sinistra, quindi avvolgiamo per altre cinque o sei volte il backing sulla coda, portandolo verso l’apice dell’asola.

Inseriamo il capo del backing nell’asola, introducendolo nel senso inverso da quello di entrata.

Tiriamo entrambe le estremità del backing con una mano, mentre con le dita dell’altra manteniamo chiusa l’asola e cerchiamo di aiutare le spire di backing a serrarsi in maniera compatta e uniforme presso l’apice della cappiola. Tagliamo l’eccedenza del backing e distribuiamo una piccola goccia di colla cianoacrilica specifica per la pesca sul nodo.