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La stagione estiva rappresenta per noi moschisti uno dei periodi più intensi e interessanti per praticare il nostro sport, soprattutto se siamo dei sostenitori delle imitazioni di superficie e consideriamo la “bollata” l’evento emblematico e più emozionante della pesca a mosca. Personalmente non mi considero un “purista” della coda di topo, vale a dire un pescatore che concepisce l’uso della canna da frusta soltanto se armata di una lenza galleggiante e reca sul tip del finale una mosca di superficie. Amo il mio passatempo nella sua interezza e mi piace conoscere tutte le sue infinite e spesso molto appaganti sfaccettature. Tuttavia quando affronto un tratto di fiume sul quale stanno sciamando degli insetti e le trote li cacciano bollando freneticamente, provo una grande emozione, certo che da lì a poco inizierò a far catture, magari allamando qualche pesce di taglia e particolarmente combattivo.
   La pesca con gli artificiali galleggianti è solitamente più remunerativa quando c’è attività di invertebrati sul pelo dell’acqua, vale a dire, quando stanno involandosi effimere, tricotteri, plecotteri e chironomi, che sono parte essenziale delle dieta dei salmonidi; la superficie del fiume risulta, allora, ripetutamente picchiettata dai “cerchi” delle trote. Nei periodi in cui gli insetti traccheggiano sul fondale del corso d’acqua, perché ancora immaturi, o perché le condizioni non sono favorevoli al compimento della loro metamorfosi in individui adulti, i pesci preferiscono cacciare ai livelli inferiori del fiume, attendendo che la corrente faccia transitare sulle loro postazioni di pastura una ninfa, una pupa o qualsiasi giovane animaletto che incautamente si è allontanato dal proprio rifugio. Queste trote, pur focalizzando la propria attenzione verso le prede subacquee, possono essere attratte anche da un boccone che improvvisamente appare in superficie, magari perché caduto accidentalmente da un albero, o perché ha deciso di sciamare prima dei suoi consimili, o anche per l’impellente necessità di liberarsi delle proprie uova. Succede così che il pescatore noti una bollata apparentemente ingiustificata, trovandosi poi nell’impossibilità di capire quale preda l’abbia provocata. Tale evento si verifica con una certa frequenza proprio nella stagione calda, perché i corsi d’acqua pullulano di vita ed è sempre possibile che un invertebrato navighi sulla loro superficie anche in un momento “morto” della giornata.

SOTTO IL SOLE A PICCO

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In estate, la vita acquatica sul molti fiumi entra in una sorta di torpore dalla tarda mattinata al tramonto. Il sole alto nel cielo arroventa l’aria, fiaccando un po’ tutti gli animali e inducendoli a trovare riparo all’ombra di qualche pianta. Anche le effimere, le sedge e le stoneflies si nascondono tra le fronde della vegetazione riparia, espletando magari la trasformazione da subimmagini ad immagini, o attendendo di raggiungere la maturità sessuale per affrontare poi l’ultima fase della propria esistenza non appena il sole cala all’orizzonte. I pomeriggi estivi si prospettano, così, come scenari assai difficili per il pescatore con la coda di topo, soprattutto per colui che si serve esclusivamente delle mosche secche, sebbene certe acque, se affrontate con raziocinio e appropriate imitazioni di superficie, possano regalare qualche cattura, talvolta di interessanti dimensioni.
  Quando le trote non sono in caccia, o si riposano, cercano un punto del fiume che consenta loro un dispendio minimo di energie mentre mantengono la posizione controcorrente e che offra una certa copertura e protezione. Tali anfratti possono essere dislocati all’interno di una buca, ai margini di pietre sommerse, lungo una massicciata, oppure su una tratto d’acqua relativamente poco profondo e sovrastato dai rami di un albero, o coperto da una cortina di piante acquatiche affioranti. Salvo rare eccezioni, i salmonidi che si nascondono in punti del fiume piuttosto profondi difficilmente sono attratti da un’imitazione di superficie: col loro fare pigro e incerto, possono al massimo azzannare un insetto subacqueo che la corrente gli porta dritto in bocca, compiendo l’attacco più per istinto che per la necessità di assumere del cibo, e l’unico modo per farli abboccare alle nostre insidie e di tentarli con una ninfa debitamente zavorrata.
 
Misurandoci con trote che si posizionano su un fondale basso, le chance di provocare la loro bollata sono buone, a condizione che si “inneschi” un appropriato artificiale e che sia poi presentato al pesce in maniera adeguata
. Impostando la nostra strategia, dobbiamo innanzi tutto valutare la velocità

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della corrente del tratto di fiume, considerando anche quanto increspata sia la sua superficie. Su un’acqua mossa, le trote sono meno infastidite dal rumoroso plop di una grossa mosca che cade sull’acqua, mentre su un chalk stream lento e piatto i pesci possono allarmarsi immediatamente. Di conseguenza dobbiamo legare al finale un’insidia che sì alletti il nostro avversario, magari perché le sue generose dimensioni lo ingolosiscono, ma senza che lo intimorisca. Sui torrenti e i fiumi veloci di mezza montagna, sono solito impiegare imitazioni di mosche di maggio, di Ecdyonuridi, di plecotteri e di tricotteri di grossa taglia, costruite su ami del dodici e talvolta del dieci. In simili ambienti i pesci consumano tantissime energie e sono molto sensibili al fascino esercitato da un grosso e sostanzioso boccone, perché sazia parzialmente la loro incessante fame.
  La scelta del modello di artificiale è talvolta affidata al caso, o alle sensazioni soggettive del momento. In alcune circostante, però, tiene conto degli insetti effettivamente presenti in acqua, o delle caratteristiche del fiume, soprattutto se bisogna contenere fenomeni di dragaggio che possono compromettere l’attrattiva dell’insidia. Quando affrontiamo una porzione d’acqua con corrente più o meno uniforme per tutta la sua ampiezza, possiamo “innescare” indistintamente rappresentazioni di efemerottero, di plecottero o di tricottero, giacché riusciremo facilmente a fronteggiare l’eventuale dragaggio dell’insidia prestando un minimo di attenzione al tipo e all’esecuzione del lancio.

 

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Con le trote più timide e sospettose conviene sempre impiegare imitazioni di ridotte dimensioni e quindi poco spaventevoli

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Le grosse mosche di maggio stuzzicano l’ingordigia dei salmonidi, provocando le loro irruente bollate

Centroptilum pennulatum
Centroptilum pennulatum. Col sole alto nel cielo, le effimere si riposano sulla vegetazione riparia, trasformandosi da subimmagini a immagini e raggiungendo la maturità sessuale

SEDGE E STONEFLIES PER CONTRASTARE IL DRAGAGGIO

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Su fiumi dalla superficie segnata da una ragnatela di correntine anomale, prodotte da pietre sommerse o da depressioni sul fondale, oppure su quelle acque in cui c’è una forte corrente al centro e un flusso piuttosto lento a ridosso del sottoriva, è preferibile optare per un’imitazione di tricottero o di plecottero. Per quanto possiamo essere abili a manovrare la nostra canna, realizzando impeccabili lanci “ribaltati” o col finale raggruppato, vale a dire specifici per vincere il dragaggio, la nostra mosca avrà comunque un tempo di pesca piuttosto breve prima che la lenza, catturata dalla corrente, la faccia sciare sulla superficie: tale fenomeno rivela la falsità di qualunque imitazione di effimera, mentre può tornare utile se impieghiamo una sedge o una stonefly. Tricotteri e plecotteri, infatti, pattinano spesso sui fiumi mentre espletano certe funzioni della loro vita – le mosche della pietra corrono sull'acqua anche solo per spostarsi da una zona ad un’altra – quindi i nostri artificiali scianti possono apparire più “veri” e quindi attrattivi. Non solo. Molti predatori, pesci compresi, sono più propensi ad attaccare le proprie vittime se queste fuggono. L’atto del predatore, in questo caso, può prescindere dalle necessità ingurgitare del cibo, ma essere cagionato da un’innata e impulsiva aggressività e le trote sono animali molto istintivi e feroci.
  Per impostare la mia strategia di pesca sulle acque mosse, do inizialmente maggior credito alle imitazioni di tricottero, prediligendo mosche come la CDC Grey Sedge o la CDC Sedgehog. Sui fiumi dove abbondano i plecotteri, tipo il Nera o il Volturno, alterno le sedge alla Grey Tapir: impiegando questo artificiale, tendo a favorire il dragaggio, in quanto l’esca acquista una notevole efficacia proprio se scia in superficie. Sulle acque ben popolate dalle grosse effimere, invece, applico al finale una rossastra imitazione di Ecdyonurus venosus, oppure una corpulenta Mayfly dalle tinte giallastre o avorio.


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Le sedge possono essere presente in modo statico oppure dinamico, consentendoci di attuare varie strategie di pesca

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Un’imitazione di plecottero che scia sull’acqua procura una forte eccitazione alla trota e spesso la induce ad uno spettacolare inseguimento

SULLE ACQUE PIATTE LE DIFFICOLTA' AUMENTANO

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Pescando su un chalk stream dalla superficie pressoché piatta le cose si complicano. Sotto il sole a picco, le trote che vivono in questo ambiente manifestano un evidente disagio – la forte luce spesso le infastidisce o le fa sentire più vulnerabili – quindi è difficile vedere un bel pesce fare bella mostra di sé in un tratto d’acqua aperto e sperare poi che quello spavaldo avversario accetti una nostra mosca secca. Se desideriamo provocare qualche bollata, dobbiamo concentrarci su tutti quei settori di fiume ricchi di vegetazione sulle sponde protratta sull’acqua, oppure su quegli stretti canali creati dalle eventuali piante acquatiche affioranti. Il “silenzio”, inteso non come assenza di rumore, ma come delicatezza della posa dell’artificiale è fondamentale per conseguire una bella cattura, da qui, è saggio servirsi di imitazioni di piccola misura, scelte tra quelle più verosimili agli insetti che vivono nel fiume: le trote dei chalk stream sono meno voraci e violente quando intercettano una preda e riescono ad analizzare accuratamente ciò che stanno per ingoiare.
  La mia tattica di pesca in caccia sul chalk stream è finalizzata spesso a far transitare la mosca secca lungo i margini delle piante acquatiche affioranti, oppure a filo di quelle immobili piattaforme di detriti che talvolta si formano vicino alle sponde. Particolare attenzione la rivolgo a tutti quei punti in cui la corrente convoglia ciò che naviga in superficie, perché sono le zone preferite dalle trote che cacciano presso la superficie. Quali mosche, opto quasi sempre per imitazioni di piccole Baetis grigiastre, olivastre o giallognole, di tipo sia galleggiante, sia emergente. Per ridurre al minimo il fenomeno del dragaggio, applico alla coda di topo un finale conico di almeno dodici piedi, sulla punta del quale lego uno spezzone di monofilo lungo circa settanta/ottanta centimetri: generalmente mi servo di un filo al alta tecnologia del diametro dello 0,12.
  Se con le imitazioni di efemerottero non ottengo dei risultati, provo a fare qualche tentativo con microscopici chironomi, oppure, quale estrema soluzione, con piccole sedge presentate in maniera dinamica, vale a dire: lanciandole da monte verso valle in direzione della sponda opposta e permettendo poi alla corrente di farle sciare sull’acqua. Con questa tecnica di pesca a “scendere” riesco ad esplorare ampie porzioni di fiume, incrementando, perciò, le mie chance di intercettare una trota affamata, o particolarmente aggressiva, disposta a salire sulla mosca.

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