Sotto il paese di Santa Anatolia di Narco, in Val Nerina, scorre una sorta di piccolo chalk stream che si immette nel fiume Nera, la cui caratteristica è di possedere un’acqua estremamente cristallina e di essere ricco di una lussureggiante vegetazione sommersa. In passato, questo minuscolo corso d’acqua era popolato da una consistente colonia di trote fario, le quali, se non erano state infastidite per un certo periodo dai pescatori, accettavano molto volentieri quasi tutte le esche che erano offerte loro, comprese le mosche artificiali.
Su questo fiumiciattolo, all’inizio degli anni Ottanta, mossi i miei primi passi sul campo della pesca con la coda di topo, imparando ad insidiare le trote con le imitazioni galleggianti presentate sia a risalire, sia a scendere la corrente e ottenendo quei risultati che mi invogliarono ad ampliare i miei orizzonti sul mondo della mosca. In quelle occasioni compresi l’importanza degli artificiali, costatando la maggiore utilità di taluni esemplari in determinati periodi e in certi momenti della giornata. Inizialmente, infatti, buona parte delle insidie che adopravo era rappresentata da modelli di fantasia, tipo la Brown Bivisible o la Wickham’s Fancy, consigliatemi dai negozianti della mia città e con i quali riuscivo a provocare la bollata di molte trotelle. Tuttavia, imbattendomi in qualche pesce di taglia, incontravo sovente delle difficoltà a catturarlo, ottenendo al massimo il rifiuto della mosca. Da qui, la mia scatola cominciò a popolarsi di tanti tipi diversi di imitazioni, selezionati in prevalenza tra gli esponenti più rappresentativi della tradizione britannica, che allora dominavano il mercato italiano, e tra questi, per affrontare il piccolo chalk stream di Santa Anatolia, ma anche il fiume Nera, conquistò i miei favori la Gordon Quill.
Nata più di un secolo fa col nome di Quill Gordon, che poi fu cambiato dai pescatori americani in Gordon Quill, questa insidia è stata a lungo uno dei montaggi preferiti dai moschisti amanti delle acque piatte, dimostrandosi ottima per ingannare pesci abbastanza furbi e pretenziosi in fatto di artificiali. Con l’avvento dei materiali sintetici e del cul de canard, la Gordon Quill, così come molte imitazioni di tipo classico in hackle di gallo, ha subito una sensibile rarefazione all’interno delle scatole dei pescatori, sebbene qualche appassionato della coda di topo abbia sempre continuato a adoprarla con costanza, ritenendola un’esca davvero efficace. Per la mia pesca, tale mosca trova il suo specifico modo e tempo d’impiego sulle acque con flusso moderato e ricche di efemerotteri, sulle quali la uso nella veste di artificiale da caccia nel corso degli assolati pomeriggi estivi: in pratica quando è più difficile che avvengano delle schiuse e le eventuali bollate realizzate sporadicamente dalle trote sono provocate in prevalenza da effimere adulte, vale a dire allo stadio di imago, che si sono accostate incautamente all’acqua.
Su questo fiumiciattolo, all’inizio degli anni Ottanta, mossi i miei primi passi sul campo della pesca con la coda di topo, imparando ad insidiare le trote con le imitazioni galleggianti presentate sia a risalire, sia a scendere la corrente e ottenendo quei risultati che mi invogliarono ad ampliare i miei orizzonti sul mondo della mosca. In quelle occasioni compresi l’importanza degli artificiali, costatando la maggiore utilità di taluni esemplari in determinati periodi e in certi momenti della giornata. Inizialmente, infatti, buona parte delle insidie che adopravo era rappresentata da modelli di fantasia, tipo la Brown Bivisible o la Wickham’s Fancy, consigliatemi dai negozianti della mia città e con i quali riuscivo a provocare la bollata di molte trotelle. Tuttavia, imbattendomi in qualche pesce di taglia, incontravo sovente delle difficoltà a catturarlo, ottenendo al massimo il rifiuto della mosca. Da qui, la mia scatola cominciò a popolarsi di tanti tipi diversi di imitazioni, selezionati in prevalenza tra gli esponenti più rappresentativi della tradizione britannica, che allora dominavano il mercato italiano, e tra questi, per affrontare il piccolo chalk stream di Santa Anatolia, ma anche il fiume Nera, conquistò i miei favori la Gordon Quill.
Nata più di un secolo fa col nome di Quill Gordon, che poi fu cambiato dai pescatori americani in Gordon Quill, questa insidia è stata a lungo uno dei montaggi preferiti dai moschisti amanti delle acque piatte, dimostrandosi ottima per ingannare pesci abbastanza furbi e pretenziosi in fatto di artificiali. Con l’avvento dei materiali sintetici e del cul de canard, la Gordon Quill, così come molte imitazioni di tipo classico in hackle di gallo, ha subito una sensibile rarefazione all’interno delle scatole dei pescatori, sebbene qualche appassionato della coda di topo abbia sempre continuato a adoprarla con costanza, ritenendola un’esca davvero efficace. Per la mia pesca, tale mosca trova il suo specifico modo e tempo d’impiego sulle acque con flusso moderato e ricche di efemerotteri, sulle quali la uso nella veste di artificiale da caccia nel corso degli assolati pomeriggi estivi: in pratica quando è più difficile che avvengano delle schiuse e le eventuali bollate realizzate sporadicamente dalle trote sono provocate in prevalenza da effimere adulte, vale a dire allo stadio di imago, che si sono accostate incautamente all’acqua.
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IL DRESSING

Il primo passo del montaggio della Gordon Quill si affronta inserendo l’amo sulla ganascia del morsetto e fissando sul suo gambo la seta da costruzione grigia, con la quale leghiamo, in prossimità della curva, un ciuffo di fibre prelevato da una grossa hackle di gallo di colore light blue dun. Le codine così create dovranno avere una lunghezza quasi equivalente a quella del gambo dell’amo

Da una penna della ruota del pavone, stacchiamo una lunga barba, la priviamo di tutta la peluria che la ricopre e la applichiamo all’amo, bloccandola per la sua estremità basale sul punto di fissaggio delle codine

Scegliamo da un buon collo di gallo di colore light blue dun un’hackle di dimensioni proporzionate alla misura dell’amo: in pratica con le fibre poco più corte del gambo dell’uncino. Fatto ciò, da una penna di fianco di anatra mandarina – in alternativa può essere usata una penna grigia di germano tinta di giallo – tagliamo un ciuffo di fibre e lo poniamo al centro del terzo anteriore dell’amo, disponendolo così che gli apici delle fibre si erigano verso l’alto e per una lunghezza uguale a quella del gambo

Passando ripetutamente il filato da costruzione dietro l’occhiello, componiamo la piccola testa dell’artificiale, che saldiamo poi con una serie di nodini effettuati con l’apposito accessorio a molla

Un leggero strato di colla distribuito uniformemente sulla testina impedirà alla seta di slegarsi, incrementando la resistenza del montaggio. La nostra imitazione può essere ora introdotta all’interno della scatola porta mosche, pronta per essere impiegata in una prossima uscita di pesca su un fiume dove scorgiamo dei piccoli efemerotteri dai colori grigiastri, che si accostano all’acqua allo stadio di immagine
MATERIALI PER IL DRESSING
AMO: a gambo dritto dal n.18 al n.12
SETA DI MONTAGGIO: grigia
CODE: fibre d’hackle di collo di gallo light blue dun
CORPO: quill di pavone
ALI: ciuffo di fibre di anatra mandarina (o sostituto)
HACKLE: di collo di gallo light blue dun
SETA DI MONTAGGIO: grigia
CODE: fibre d’hackle di collo di gallo light blue dun
CORPO: quill di pavone
ALI: ciuffo di fibre di anatra mandarina (o sostituto)
HACKLE: di collo di gallo light blue dun