Sulle acque molto frequentate dai moschisti, dove i pesci
hanno occasione di sviluppare comportamenti alimentari selettivi, perché
ripetutamente punti dalle offerte piumose dei pescatori, il successo di una battuta
di pesca dipende spesso dalla nostra abilità nel saper scegliere un’appropriata
imitazione.
In teoria la giusta mosca è quell’insidia con qualità imitative atte a ben riprodurre le fattezze degli invertebrati presenti e attivi nel fiume, quindi capace di ingannare trote e temoli col suo verosimile aspetto di preda. Tuttavia non sempre ciò corrisponde a realtà. Nessun artificiale, per quanto ben costruito, può essere perfettamente identico a un animaletto acquatico, se non altro perché in qualunque mosca sono evidenti quegli attributi della pungente insidia che cela. L’amo, ad esempio, può costituire un chiaro indice della presenza del pericolo: un rivelatore di allarme che può rimanere ben impresso nella memoria del salmonide che ha avuto la sventura di addentarlo. Non solo. Determinati esemplari di mosca, proprio perché caratterizzati da una peculiare silhouette, possono essere facilmente riconosciuti e rifiutati. Il moschista si trova così a fronteggiare avversari in grado di metterlo in difficoltà e soltanto se si appella al proprio intuito o fantasia può sperare di vincere il confronto con tali pesci “difficili”. Da qui, selezionando la mosca, può essere vincente la tattica di “innescare” un artificiale d’attrazione, vale a dire un’insidia che non vuol rappresentare alcun insetto e che è stata costruita con piumaggi vivacemente colorati o brillanti tinsel. Tali mosche, infatti, riescono a fomentare l’aggressività o la curiosità di trote e temoli e i pesci possono essere indotti a istintive reazioni di attacco che prescindono dalle necessità alimentari. In pratica, quando una trota selettiva rifiuta ripetutamente le nostre verosimiglianti imitazioni, possiamo convincerla ad abboccare con un artificiale variopinto e apparentemente inadatto alla circostanza, perché il salmonide potrebbe non riconoscerlo come un boccone falso e pericoloso e decidere di assaggiarlo per verificarne la commestibilità. Tale strategia è valida con qualunque esca per la canna da mosca, ma solitamente si ottengono i risultati migliori con gli streamer e le ninfe. A conferma di questa mia asserzione basta analizzare il potere adescante delle Gold Head: esche che hanno ben poche analogie con gli invertebrati fluviali, ma che sono quasi sempre accettate dalle trote anche quando queste si stanno cibando di specifici animaletti. Scrivo quasi sempre perché le Gold Head possiedono caratteristiche che le distinguono da qualunque altro modello di ninfa e i pesci riescono a identificarle dopo che le hanno morse e capito che non si tratta di bocconi appetitosi.
Per ovviare a questo problema, quando decido di utilizzare una ninfa stimolatrice su fiumi molto battuti dai moschisti, mi avvalgo di artificiali che possiedono attributi in grado di stuzzicare l’aggressività del pesce, ma che siano privi di perline metalliche, preferendo quelli strutturati secondo forme più affini a un giovane efemerottero o tricottero. In pratica evito di adoprare mosche troppo popolari e probabilmente note ai pesci, privilegiando modelli inconsueti.
La mia scelta spesso ricade sulla Green Shining Pheasant Tail, una personale rielaborazione della famosissima ninfa britannica Pheasant Tail, che realizzo sostituendo parte dei materiali naturali elencati nel dressing originale con ingredienti sintetici di nuova generazione.
La Green Shining Pheasant Tail è una ninfa molto versatile e dotata di un notevole potere adescante, al pari forse di quello delle Gold Head: sovente utilizzo questa insidia legandola al gambetto di un finale a braccioli, mentre in punta “innesco” un modello meno luccicante e più pesante, come una Montana, o addirittura la stessa Gold Ribbed Hare’s Ear.
In teoria la giusta mosca è quell’insidia con qualità imitative atte a ben riprodurre le fattezze degli invertebrati presenti e attivi nel fiume, quindi capace di ingannare trote e temoli col suo verosimile aspetto di preda. Tuttavia non sempre ciò corrisponde a realtà. Nessun artificiale, per quanto ben costruito, può essere perfettamente identico a un animaletto acquatico, se non altro perché in qualunque mosca sono evidenti quegli attributi della pungente insidia che cela. L’amo, ad esempio, può costituire un chiaro indice della presenza del pericolo: un rivelatore di allarme che può rimanere ben impresso nella memoria del salmonide che ha avuto la sventura di addentarlo. Non solo. Determinati esemplari di mosca, proprio perché caratterizzati da una peculiare silhouette, possono essere facilmente riconosciuti e rifiutati. Il moschista si trova così a fronteggiare avversari in grado di metterlo in difficoltà e soltanto se si appella al proprio intuito o fantasia può sperare di vincere il confronto con tali pesci “difficili”. Da qui, selezionando la mosca, può essere vincente la tattica di “innescare” un artificiale d’attrazione, vale a dire un’insidia che non vuol rappresentare alcun insetto e che è stata costruita con piumaggi vivacemente colorati o brillanti tinsel. Tali mosche, infatti, riescono a fomentare l’aggressività o la curiosità di trote e temoli e i pesci possono essere indotti a istintive reazioni di attacco che prescindono dalle necessità alimentari. In pratica, quando una trota selettiva rifiuta ripetutamente le nostre verosimiglianti imitazioni, possiamo convincerla ad abboccare con un artificiale variopinto e apparentemente inadatto alla circostanza, perché il salmonide potrebbe non riconoscerlo come un boccone falso e pericoloso e decidere di assaggiarlo per verificarne la commestibilità. Tale strategia è valida con qualunque esca per la canna da mosca, ma solitamente si ottengono i risultati migliori con gli streamer e le ninfe. A conferma di questa mia asserzione basta analizzare il potere adescante delle Gold Head: esche che hanno ben poche analogie con gli invertebrati fluviali, ma che sono quasi sempre accettate dalle trote anche quando queste si stanno cibando di specifici animaletti. Scrivo quasi sempre perché le Gold Head possiedono caratteristiche che le distinguono da qualunque altro modello di ninfa e i pesci riescono a identificarle dopo che le hanno morse e capito che non si tratta di bocconi appetitosi.
Per ovviare a questo problema, quando decido di utilizzare una ninfa stimolatrice su fiumi molto battuti dai moschisti, mi avvalgo di artificiali che possiedono attributi in grado di stuzzicare l’aggressività del pesce, ma che siano privi di perline metalliche, preferendo quelli strutturati secondo forme più affini a un giovane efemerottero o tricottero. In pratica evito di adoprare mosche troppo popolari e probabilmente note ai pesci, privilegiando modelli inconsueti.
La mia scelta spesso ricade sulla Green Shining Pheasant Tail, una personale rielaborazione della famosissima ninfa britannica Pheasant Tail, che realizzo sostituendo parte dei materiali naturali elencati nel dressing originale con ingredienti sintetici di nuova generazione.
La Green Shining Pheasant Tail è una ninfa molto versatile e dotata di un notevole potere adescante, al pari forse di quello delle Gold Head: sovente utilizzo questa insidia legandola al gambetto di un finale a braccioli, mentre in punta “innesco” un modello meno luccicante e più pesante, come una Montana, o addirittura la stessa Gold Ribbed Hare’s Ear.
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IL DRESSING

Iniziamo la
costruzione della Green
Shining Pheasant Tail agganciando l’amo alla ganascia del morsetto e
avvolgendo sul terzo anteriore del suo gambo una sezione di fine filo di
piombo. Fissiamo la seta di montaggio nera all’uncino e la giriamo fino a
portarla in prossimità della curva

Da una
penna della coda del fagiano maschio preleviamo quattro o cinque fibre e le
blocchiamo sulla curva dell’amo, collocandole in maniera che i loro apici si protraggano
all’indietro e leggermente verso il basso: la loro lunghezza deve corrispondere
a circa la metà di quella del gambo dell’uncino

Sul punto
d’innesto delle codine leghiamo l’estremità di una sezione di Axxel verde, con
la quale poi componiamo l’addome della ninfa avvolgendola in stretti passaggi
attorno ai due terzi posteriori dell’asse dell’amo

Tagliamo
dalla penna della coda del fagiano maschio un consistente segmento di fibre e
montiamolo sopra l’amo, fermandolo subito davanti al corpo in Axxel in modo che
le fibre si protraggano all’indietro

Ribaltiamo
in avanti il segmento di fibre di penna di fagiano e blocchiamolo con la seta
nera dietro l’occhiello

Eliminiamo
le eccedenze delle fibre della penna del fagiano e realizziamo la testa della
ninfa con alcuni giri di seta, che poi saldiamo con il nodo finale
MATERIALI PER IL DRESSING
AMO: da caddis dal n.14 al n.10
SETA DI MONTAGGIO: nera
ZAVORRA: fine filo di piombo
CODE: fibre di penna della coda del fagiano maschio
CORPO: Axxel verde (l’Axxel è un particolare filato prodotto dalla UNI), oppure seta floss o tinsel piatto del medesimo colore.
TORACE: dubbing di pelo di orecchie di lepre
ELITRE: segmento di fibre di penna della coda del fagiano maschio
SETA DI MONTAGGIO: nera
ZAVORRA: fine filo di piombo
CODE: fibre di penna della coda del fagiano maschio
CORPO: Axxel verde (l’Axxel è un particolare filato prodotto dalla UNI), oppure seta floss o tinsel piatto del medesimo colore.
TORACE: dubbing di pelo di orecchie di lepre
ELITRE: segmento di fibre di penna della coda del fagiano maschio