Un aspetto che mi affascina della pesca a mosca è il modo in cui tanti di noi la interpretano e la praticano, personalizzando molti elementi che rendono unica e caratteristica questa disciplina. Se analizzassimo le scatole porta mosche di un certo numero di pescatori/costruttori che hanno maturato buona esperienza ci renderemmo conto, ad esempio, che ogni appassionato possiede una ben definita imitazione per una particolare specie di insetto e che tutti questi artificiali possiedono significative differenze tra loro, perché assemblati seguendo un soggettivo criterio. Chi si cimenta nel montaggio delle mosche, infatti, tende inizialmente a copiare i dressing proposti su manuali e riviste, ma col tempo da forma ai propri esemplari, talvolta appellandosi alla fantasia, oppure perfezionando le capacità imitative di artificiali noti basandosi sugli insetti che trova lungo il fiume. Credo che chiunque provi grande soddisfazione se la propria creazione al morsetto manifesti in pesca una sorprendente attrattiva: una mosca che permetta, magari, la cattura di difficili avversari quando altri modelli si rivelano inefficaci. Ciò rafforza la nostra autostima e ci infonde un senso di profonda gratificazione, perché è un’evidente conferma della maestria che abbiamo acquisito nel nostro sport.
Credo che tale appagamento lo abbia provato anche l’amico Gianluca in occasione di una recente battuta di pesca, quando testammo una canna in bambù da lui costruita e alcune mosche preparate per l’occasione. Sul fiume su cui stavamo pescando c’era scarsa attività di insetti e le poche trote che avevamo avvistato erano impegnate a cacciare le rare ninfe d’effimera trasportate dalla corrente. I pesci, vuoi per la chiarezza dell’acqua, vuoi per un’innata o indotta furbizia, erano alquanto diffidenti nei confronti dei nostri artificiali, ma cambiarono atteggiamento quando Gianluca “innescò” una semplicissima ninfetta dalle tinte olivastre simile, probabilmente, alle Baetis presenti nel fiume. Con la sua insidia catturò in rapida successione due belle fario, mentre io, provando la sua canna, sempre armata della medesima ninfa, allamai e trassi a riva una grossa trota dal comportamento incerto, che aveva rifiutato una buona selezione di miei artificiali.
Gianluca mi disse che aveva elaborato la sua mosca prendendo a modello alcune ninfe di un libro, alle quali aveva apportato delle leggere modifiche. Per renderla adatta alla pesca sulle buche più profonde, Gianluca preferiva montarla su ami del 10 e del 12 e utilizzare discreta quantità di filo di piombo per comporre la struttura di zavorra. Matt Green è il nome che scelse per il suo artificiale, dedicandolo al suo giovane nipote.
Credo che tale appagamento lo abbia provato anche l’amico Gianluca in occasione di una recente battuta di pesca, quando testammo una canna in bambù da lui costruita e alcune mosche preparate per l’occasione. Sul fiume su cui stavamo pescando c’era scarsa attività di insetti e le poche trote che avevamo avvistato erano impegnate a cacciare le rare ninfe d’effimera trasportate dalla corrente. I pesci, vuoi per la chiarezza dell’acqua, vuoi per un’innata o indotta furbizia, erano alquanto diffidenti nei confronti dei nostri artificiali, ma cambiarono atteggiamento quando Gianluca “innescò” una semplicissima ninfetta dalle tinte olivastre simile, probabilmente, alle Baetis presenti nel fiume. Con la sua insidia catturò in rapida successione due belle fario, mentre io, provando la sua canna, sempre armata della medesima ninfa, allamai e trassi a riva una grossa trota dal comportamento incerto, che aveva rifiutato una buona selezione di miei artificiali.
Gianluca mi disse che aveva elaborato la sua mosca prendendo a modello alcune ninfe di un libro, alle quali aveva apportato delle leggere modifiche. Per renderla adatta alla pesca sulle buche più profonde, Gianluca preferiva montarla su ami del 10 e del 12 e utilizzare discreta quantità di filo di piombo per comporre la struttura di zavorra. Matt Green è il nome che scelse per il suo artificiale, dedicandolo al suo giovane nipote.
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IL DRESSING

Affrontiamo il montaggio della Matt Green inserendo l’amo nella ganascia del morsetto e avvolgendo sul suo gambo del sottile filo di piombo per realizzare la struttura di zavorra re sempre del modello più indicato ad imitare gli animaletti presenti nel fiume

Applichiamo all’amo la seta da costruzione verde oliva e la impieghiamo per ricoprire parzialmente le spire di filo di piombo e per legare, in prossimità della curva, un mazzetto di fibre staccato da una piuma di pernice: queste codine dovranno essere lunghe poco meno del gambo dell’uncino

Passando in ampie spire il filo di rame sul corpo, realizziamo l’anellatura della mosca

Da una penna d’oca grigia, tagliamo un consistente mazzetto di fibre e lo fissiamo sopra l’amo, posizionandolo davanti al corpo e con gli apici protratti all’indietro. Ingrassiamo un nuovo tratto del filato di montaggio e vi distribuiamo sopra una piccola quantità di pelo di lepre per preparare il dubbing da avvolgere attorno al terzo anteriore del gambo, così da creare il torace dell’imitazione

Ribaltiamo in avanti le fibre di penna d’oca e le blocchiamo dietro l’occhiello: queste rappresenteranno le elitre della nostra mosca

Eliminiamo l’eccedenza delle elitre e componiamo la testa dell’artificiale con alcuni giri di seta, che poi saldiamo con il nodo finale
MATERIALI PER IL DRESSING
AMO: a gambo dritto dal n.14 al n.10
ZAVORRA: sottile filo di piombo
SETA DI MONTAGGIO: verde oliva
CODE: fibre della piuma di pernice
ADDOME: dubbing di polipropilene verde oliva
ANELLATURA: sottile filo di rame tinto di verde
TORACE: dubbing di pelo di lepre
ELITRE: segmento di penna d’oca grigia
ZAVORRA: sottile filo di piombo
SETA DI MONTAGGIO: verde oliva
CODE: fibre della piuma di pernice
ADDOME: dubbing di polipropilene verde oliva
ANELLATURA: sottile filo di rame tinto di verde
TORACE: dubbing di pelo di lepre
ELITRE: segmento di penna d’oca grigia