Negli ultimi anni, le ninfe con le fattezze di giovane chironomo hanno acquisito una crescente importanza per lo svolgimento della mia pesca, motivata dalla sempre più diffusa e massiccia presenza dei minuti ditteri nelle acque che abitualmente frequento. Un fenomeno, quello dell’esplosione demografica delle piccole zanzarine, che è stato accompagnato in molti casi dalla svalutazione, in termini di utilità, delle imitazioni di mosche della pietra e di certe effimere: in pratica esche simili ad insetti molto sensibili alle polluzioni, che non sono riusciti a adattarsi a vivere in ambienti progressivamente degradati dall’inquinamento. I chironomi, infatti, al contrario dei plecotteri e di molti efemerotteri, tollerano che il proprio habitat possa essere contaminato da sostanze di varia natura, in particolare quelle di origine organica cariche di sedimenti, e talvolta proprio questo depauperamento della qualità delle acque facilità il loro sviluppo. Da qui, nel giro di breve tempo, un fiume può assistere ad un radicale cambiamento della microfauna che lo popola, con ripercussioni anche su quelle che sono le abitudini alimentari dei pesci.
Molti di noi si saranno accorti che diversi artificiali hanno perso molta della loro efficacia su alcuni corsi d’acqua: imitazioni che in passato erano eccellenti per la pesca nelle varie fasi della stagione su quegli stessi fiumi. Qualcuno avrà pensato che ciò sia stato il risultato dell’esperienza acquisita dai pesci a forza di cadere nel tranello rappresentato da quelle mosche. In realtà simili esche non funzionano più perché hanno semplicemente l’aspetto di un invertebrato ormai raro nel fiume, che è diventato quindi di relativo interesse alimentare per i salmonidi. La conferma di questa mia asserzione è data dalla costante produttività delle imitazioni di chironomo e non è un caso che molti moschisti releghino la propria pesca all’uso quasi esclusivo di microscopiche mosche di superficie, o di piccolissime ninfe.
Personalmente non mi ritengo un grande sostenitore delle mosche secche di dimensioni infinitesimali: le trote le abboccano solitamente con esasperante attenzione e sono facilmente inclini a rifiutarle, e le allamature da me conseguite risultano sovente assai precarie. Per simili ragioni, se i pesci mangiano piccolo, la tattica che preferisco è quella di ricorrere ad un’emergente, o anche ad una ninfa, costruita su amo non più piccolo del numero 18. I vantaggi di questa mia scelta sono molteplici, ma i più evidenti sono la buona probabilità di portare a riva la trota durante il combattimento e la maggiore facilità di ingannarla con un’esca dall’aspetto a lei più gradito. Bisogna sottolineare, infatti, che la stragrande maggioranza dei chironomi azzannati dai salmonidi nel corso di una schiusa ha raggiunto lo stadio di ninfa migrante, o emergente, e molte delle bollate che possiamo scorgere sulla superficie del fiume sono dirette nei confronti di tali insetti e più raramente contro gli animaletti già fuoriusciti dall’acqua. In virtù di questo fatto, se scorgo nel fiume una certa attività di piccoli ditteri che nella fase pupale appaiono di colore bruno, o del tutto nero, non esito ad applicare sulla punta del finale una minuta Pupa di Chironomo Nera. Questa mosca può essere impiegata quale artificiale emergente, ingrassando leggermente il suo ciuffo branchiale in cul de canard per migliorarne le doti di galleggiamento. In questa veste, tale imitazione induce quasi sempre le trote ad abboccarla bollando e ciò facilità l’esecuzione di una tempestiva ferrata.
Quando i pesci mangiano molto sotto, la Pupa di Chironomo Nera può essere usata anche come una ninfa di mezz’acqua, o addirittura di profondità, applicando qualche pallino di piombo sul terminale. Riuscire a stabilire quando il pesce ha addentato una così piccola esca può rivelarsi un’impresa piuttosto impegnativa e per riuscirci dobbiamo appellarci alle nostre capacità di interpretare i comportamenti di attacco della trota, oppure provare ad avvertire le abboccate con la vetta della canna, mantenendo in costante tensione la coda di topo.
Molti di noi si saranno accorti che diversi artificiali hanno perso molta della loro efficacia su alcuni corsi d’acqua: imitazioni che in passato erano eccellenti per la pesca nelle varie fasi della stagione su quegli stessi fiumi. Qualcuno avrà pensato che ciò sia stato il risultato dell’esperienza acquisita dai pesci a forza di cadere nel tranello rappresentato da quelle mosche. In realtà simili esche non funzionano più perché hanno semplicemente l’aspetto di un invertebrato ormai raro nel fiume, che è diventato quindi di relativo interesse alimentare per i salmonidi. La conferma di questa mia asserzione è data dalla costante produttività delle imitazioni di chironomo e non è un caso che molti moschisti releghino la propria pesca all’uso quasi esclusivo di microscopiche mosche di superficie, o di piccolissime ninfe.
Personalmente non mi ritengo un grande sostenitore delle mosche secche di dimensioni infinitesimali: le trote le abboccano solitamente con esasperante attenzione e sono facilmente inclini a rifiutarle, e le allamature da me conseguite risultano sovente assai precarie. Per simili ragioni, se i pesci mangiano piccolo, la tattica che preferisco è quella di ricorrere ad un’emergente, o anche ad una ninfa, costruita su amo non più piccolo del numero 18. I vantaggi di questa mia scelta sono molteplici, ma i più evidenti sono la buona probabilità di portare a riva la trota durante il combattimento e la maggiore facilità di ingannarla con un’esca dall’aspetto a lei più gradito. Bisogna sottolineare, infatti, che la stragrande maggioranza dei chironomi azzannati dai salmonidi nel corso di una schiusa ha raggiunto lo stadio di ninfa migrante, o emergente, e molte delle bollate che possiamo scorgere sulla superficie del fiume sono dirette nei confronti di tali insetti e più raramente contro gli animaletti già fuoriusciti dall’acqua. In virtù di questo fatto, se scorgo nel fiume una certa attività di piccoli ditteri che nella fase pupale appaiono di colore bruno, o del tutto nero, non esito ad applicare sulla punta del finale una minuta Pupa di Chironomo Nera. Questa mosca può essere impiegata quale artificiale emergente, ingrassando leggermente il suo ciuffo branchiale in cul de canard per migliorarne le doti di galleggiamento. In questa veste, tale imitazione induce quasi sempre le trote ad abboccarla bollando e ciò facilità l’esecuzione di una tempestiva ferrata.
Quando i pesci mangiano molto sotto, la Pupa di Chironomo Nera può essere usata anche come una ninfa di mezz’acqua, o addirittura di profondità, applicando qualche pallino di piombo sul terminale. Riuscire a stabilire quando il pesce ha addentato una così piccola esca può rivelarsi un’impresa piuttosto impegnativa e per riuscirci dobbiamo appellarci alle nostre capacità di interpretare i comportamenti di attacco della trota, oppure provare ad avvertire le abboccate con la vetta della canna, mantenendo in costante tensione la coda di topo.
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IL DRESSING

Il primo passo del montaggio della Pupa di Chironomo Nera consiste nel fermare l’amo nella ganascia del morsetto e legare la seta di montaggio nera sul suo gambo, che impieghiamo per bloccare, in prossimità della curva, l’apice di una piuma di cul de canard di colore grigio naturale, collocandolo a rappresentare il ciuffo caudale dell’imitazione, e l’apice di un sottile calamo di hackle di collo di gallo nero

Con la specifica cera, ingrassiamo un tratto del filato di montaggio e vi distribuiamo sopra un pizzico di pelo di foca (o sostituto) di colore nero. Compattiamo poi il dubbing con i polpastrelli del dito indice e del pollice di una mano, formando un consistente cordoncino, e lo adopriamo per creare l’addome dell’artificiale avvolgendolo sui due terzi posteriori del gambo dell’uncino

Girando in ampie spire il calamo dell’hackle nera attorno all’addome, eseguiamo l’anellatura della mosca

Dalla medesima piuma di cul de canard che ci ha fornito il materiale per il ciuffo caudale, preleviamo un consistente mazzetto di fibre e lo leghiamo con la seta davanti all’addome, posizionandolo in modo che le fibre si protraggano all’indietro

Corichiamo il ciuffo di fibre di cul de canard in avanti, collocandolo a sovrastare la parte superiore del torace e lo fissiamo con la seta subito dietro l’occhiello. Nell’effettuare questa operazione dovremo porre un piccolo ago da cucito tra il cul de canard e il sottopelo delle coda dello scoiattolo

Spingiamo ora all’indietro l’ago da cucito, così da creare un piccolo spazio tra la sacca alare in cul de canard e il sottostante torace in pelo di scoiattolo

Pennelliamo adesso una goccia di colla sul capo dell’imitazione, impedendo così alle spire della seta di sciogliersi e irrobustendo di conseguenza tutto il montaggio. Fatto ciò, effettuiamo un taglio netto lungo il ciuffo branchiale in cul de canard che si erige dall’occhiello, riducendolo ad una lunghezza di tre o quattro millimetri
MATERIALI PER IL DRESSING
AMO: a gambo dritto o corto dal n. 20 al n. 14
SETA DI MONTAGGIO: nera
CIUFFO CAUDALE: fibre di piuma di cul de canard di colore grigio naturale
ADDOME: dubbing di pelo di foca tinto di nero (o sostituto)
ANELLATURA: sottile calamo d’hackle di collo di gallo nero
TORACE: dubbing di sottopelo di coda di scoiattolo tinta di nero, o di qualsiasi altra morbida pelliccia del medesimo colore
SACCA ALARE E CIUFFO BRANCHIALE: fibre di piuma di cul de canard di colore grigio naturale
SETA DI MONTAGGIO: nera
CIUFFO CAUDALE: fibre di piuma di cul de canard di colore grigio naturale
ADDOME: dubbing di pelo di foca tinto di nero (o sostituto)
ANELLATURA: sottile calamo d’hackle di collo di gallo nero
TORACE: dubbing di sottopelo di coda di scoiattolo tinta di nero, o di qualsiasi altra morbida pelliccia del medesimo colore
SACCA ALARE E CIUFFO BRANCHIALE: fibre di piuma di cul de canard di colore grigio naturale