Nella fase iniziale e maggiormente formativa della mia esperienza di pescatore di trote, quando i miei interessi abbracciavano vari settori delle discipline alieutiche per catturare i salmonidi, mi dedicai per un certo periodo alla pesca con le insidie naturali raccolte direttamente sul luogo di pesca. Quelli erano giorni che trascorrevo sia a elaborare sofisticate montature per ispezionare i diversi corsi d’acqua, sia a rastrellare il sottoriva di fiumi e torrenti, o le erbe dei campi, per fare incetta delle esche più appetitose per i pesci. Da qui mi ritrovavo poi su un veloce correntone a far filare la lenza armata di una vivace cavalletta, oppure a calare in una profonda buca una catenella di olivette spaccate con una succulenta “perla”, una ninfa di plecottero, calzata sull’amo.
Le perle, in particolare, si rivelavano spesso i bocconi più validi per tentare il colpaccio, riuscendo a far uscire dagli anfratti più nascosti del fiume le fario di taglia maggiore e inducendole ad abboccare con decisione. Poche esche mi consentivano così belle catture sui fiumi Nera e Corno come le giovani mosche della pietra, specialmente in estate, quando le trote, uscite in caccia durante la notte, erano le probabili prede di tutti coloro che si accostavano alle sponde del fiume alle prime luci dell’alba.
Oggi che pratico i sistemi di pesca con la coda di topo in maniera esclusiva, le ore trascorse a caccia di perle sono soltanto un ricordo e sebbene siano ormai anni che non calzo più tali esche su un amo, il loro uso continua a essere per me uno dei migliori sistemi per insidiare le fario sulle acque correnti e pulite. Una convinzione, la mia, condivisa probabilmente anche da molti altri pescatori a mosca, considerati i tanti modelli di giovane stonefly proposti sui manuali, o venduti nei negozi di articoli per la pesca.
Un’efficace ed elegante ninfa appartenete a questo gruppo di artificiali è la Stonefly Creeper, insidia di origine americana che assomiglia a mosche della pietra di medie dimensioni e di colorazione giallastra, ottima, secondo i moschisti statunitensi, nel periodo a cavallo tra la primavera e l’estate, quando si registra la maggiore attività degli insetti che imitata.
Vidi per la prima volta questa ninfa sulle pagine del libro di Mike Dawes intitolato The Flytier’s Manual, dove era riportato il suo dressing, e montandone alcuni esemplari mi resi conto della sua similitudine con l’Isoperla grammatica, plecottero diffuso nelle acque veloci e cristalline del nostro Paese e facilmente riconoscibile, allo stadio di ninfa, per la tipica colorazione bruno giallastra.
Con la Stonefly Creeper si ottengono i migliori risultati quando è presentata in prossimità del fondale, magari abbinandola a una lenza di tipo affondante per facilitare il suo rapido inabissamento, oppure munendola di generose quantità di filo di piombo in fase di costruzione.
Le perle, in particolare, si rivelavano spesso i bocconi più validi per tentare il colpaccio, riuscendo a far uscire dagli anfratti più nascosti del fiume le fario di taglia maggiore e inducendole ad abboccare con decisione. Poche esche mi consentivano così belle catture sui fiumi Nera e Corno come le giovani mosche della pietra, specialmente in estate, quando le trote, uscite in caccia durante la notte, erano le probabili prede di tutti coloro che si accostavano alle sponde del fiume alle prime luci dell’alba.
Oggi che pratico i sistemi di pesca con la coda di topo in maniera esclusiva, le ore trascorse a caccia di perle sono soltanto un ricordo e sebbene siano ormai anni che non calzo più tali esche su un amo, il loro uso continua a essere per me uno dei migliori sistemi per insidiare le fario sulle acque correnti e pulite. Una convinzione, la mia, condivisa probabilmente anche da molti altri pescatori a mosca, considerati i tanti modelli di giovane stonefly proposti sui manuali, o venduti nei negozi di articoli per la pesca.
Un’efficace ed elegante ninfa appartenete a questo gruppo di artificiali è la Stonefly Creeper, insidia di origine americana che assomiglia a mosche della pietra di medie dimensioni e di colorazione giallastra, ottima, secondo i moschisti statunitensi, nel periodo a cavallo tra la primavera e l’estate, quando si registra la maggiore attività degli insetti che imitata.
Vidi per la prima volta questa ninfa sulle pagine del libro di Mike Dawes intitolato The Flytier’s Manual, dove era riportato il suo dressing, e montandone alcuni esemplari mi resi conto della sua similitudine con l’Isoperla grammatica, plecottero diffuso nelle acque veloci e cristalline del nostro Paese e facilmente riconoscibile, allo stadio di ninfa, per la tipica colorazione bruno giallastra.
Con la Stonefly Creeper si ottengono i migliori risultati quando è presentata in prossimità del fondale, magari abbinandola a una lenza di tipo affondante per facilitare il suo rapido inabissamento, oppure munendola di generose quantità di filo di piombo in fase di costruzione.
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IL DRESSING

Iniziamo il montaggio della Stonefly Creeper innestando l’amo sulla ganascia del morsetto e applichiamo del filo di piombo sul suo asse, avvolgendolo in strette spire

Fermiamo la seta da costruzione gialla sull’asse dell’uncino e la passiamo ripetutamente sopra i giri di filo di piombo, portandola poi in prossimità della curva, dove leghiamo un piccolo ciuffetto di fibre di penna della coda del fagiano maschio e l’apice di una lunga hackle di collo di gallo rosso naturale privata di tutte le fibre che la ricoprono. Le codine in fagiano dovranno protrarsi dalla curva per una lunghezza equivalente alla metà del gambo dell’amo

Sul punto di fissaggio delle codine blocchiamo un mazzetto di fibre di penna grigia del fianco o della spalla del germano, quindi creiamo un esile sottocorpo a forma cilindrica girando la seta gialla attorno alla metà posteriore dell’asse dell’uncino

Ingrassiamo con la specifica cera un tratto della seta di montaggio e lo cospargiamo di un pizzico di polipropilene colore ambra. Con i polpastrelli delle dita di una mano, componiamo un compatto dubbing che giriamo poi attorno alla metà anteriore del gambo dell’amo, così da formare il torace dell’artificiale

Davanti al torace leghiamo l’apice di una piuma di pernice che abbia le fibre lunghe quanto l’addome dell’imitazione

Con l’apposita pinzetta giriamo due o tre volte la piuma di pernice dietro l’occhiello per realizzare un rado collarino

Afferriamo tutte le fibre del collarino e le spingiamo verso il basso e leggermente all’indietro, fermandole in posizione con qualche giro del filo di montaggio. Ribaltiamo in avanti le fibre di penna di germano, disponendole a coprire la porzione dorsale dell’addome e del torace, e le fissiamo dietro l’occhiello

Con vari giri della seta da costruzione componiamo una piccola testa, che poi blocchiamo con una serie di nodini
MATERIALI PER IL DRESSING
AMO: a gambo lungo dal n.12 al n.8
ZAVORRA: sottile filo di piombo
SETA DI MONTAGGIO: gialla
CODE: fibre di penna della coda del fagiano maschio
ADDOME: calamo d’hackle di collo di gallo rosso naturale
TORACE: dubbing di polipropilene di colore ambra
ELITRE: fibre di penna grigia di fianco o di spalla di germano
ZAMPE: piume di pernice
ZAVORRA: sottile filo di piombo
SETA DI MONTAGGIO: gialla
CODE: fibre di penna della coda del fagiano maschio
ADDOME: calamo d’hackle di collo di gallo rosso naturale
TORACE: dubbing di polipropilene di colore ambra
ELITRE: fibre di penna grigia di fianco o di spalla di germano
ZAMPE: piume di pernice