moscofilia.com
  • Home
    • Home English
    • A-Z >
      • A-Z pag. 2
      • A-Z pag. 3
      • A-Z pag. 4
    • Flies e Mosche
    • Contatti
    • Cookie Policy
  • Fresh Water
    • Luccio/Pike and Black Bass
    • Salmone/Salmon
    • Trota e Temolo/Trout and Grayling >
      • Trota e Temolo/Trout and Grayling pag. 2
      • Trota e Temolo/Trout and Grayling pag. 3
    • Trota di Mare/Sea Trout
  • Salt Water
  • Classic Salmon Flies
  • Articoli
  • Video
    • Video pag. 2
    • Video pag. 3
    • Video pag. 4
    • Video pag. 5
    • Video pag. 6
    • Video Nodi
strike indicator
Picture
Sui fiumi veloci e incassati tra tunnel di alberi, caratterizzati dall’acqua estremamente trasparente e profondità assai contenuta, soprattutto se popolati da trote selvatiche o inselvatichite, le possibilità di praticare in modo semplice e remunerativo la pesca con la coda di topo si riducono a quelle fasi in cui maggiore è l’attività degli insetti e i pesci ci rivelano le loro posizioni di caccia bollando. Quando i salmonidi non mangiano gli invertebrati affioranti o già emersi, riuscire scorgerli sotto la superficie increspata del fiume è oltremodo difficile, soprattutto se i giochi di luce fanno sì che uno sciame di riflessi accecanti ci colpisca dritto negli occhi. In questi casi, bisogna auspicare che i pesci tollerino la nostra presenza e ci consentano un approccio sulla breve distanza: speranza quanto mai vana quando i nostri avversari devono la loro sopravvivenza a un comportamento timido e prudente, che li spinge a un’immediata reazione di fuga ogniqualvolta ravvisano la nostra figura.
  Fino a qualche anno fa ero solito pescare su tratti stretti e veloci di certi fiumi, quali il Nera, il Pescara o l’Aniene, con la tecnica della ninfa o dello streamer a scendere la corrente, vale a dire lanciando l’artificiale in direzione della riva opposta e con una forte angolazione a valle, per poi farlo derivare con la corrente verso la sponda che percorrevo: questo sistema lo adottavo soprattutto nelle ore di morta, vale a dire quando non erano in corso delle sciamature. Tra un lancio e l’altro scendevo a valle di qualche passo, così da ispezionare una nuova porzione d’acqua, e non esitavo a entrare nel fiume per coprire meglio gli spot sovrastati dagli alberi o protetti da cortine di piante o di massi affioranti, cercando di tenermi abbastanza lontano dai settori che sondavo con la mosca. Tuttavia, le ridotte dimensioni del fiume e l’angusto spazio per distendere la lenza mi obbligavano a condurre l’azione di pesca sulla media e talvolta breve distanza, così che di tanto in tanto notavo filare via sotto i miei piedi una bella trota, che scappava impaurita perché mi aveva visto.

Picture
Per incrementare le mie chance di realizzare delle catture, ricorrevo di tanto in tanto alla tecnica polacca: sistema che non apprezzo molto, giacché lo ritengo stressante, relativamente divertente e di non semplice attuazione su corsi d’acqua infrascati come il Nera. In alternativa preferivo applicare uno strike indicator al finale, componendo la montatura con una coppia di artificiali di peso diverso e con l’aspetto di ninfa d’effimera e di pupa di tricottero: la prima, più leggera e piccola, legata su un bracciolo del finale, mentre la seconda, più pesante e sostanziosa, impiegata come mosca di punta. Questa combinazione poteva rivelarsi davvero micidiale e se ben presentata in acqua e riusciva a far abboccare trote in qualunque momento della giornata, indipendentemente dal periodo della stagione e dall’attività degli insetti.
  Non tutti i moschisti amano impiegare lo strike indicator e c’è addirittura che lo disapprova, soprattutto chi interpreta e pratica la pesca a mosca con un concetto di “purezza” che bandisce qualunque artificio che ne alteri l’eleganza e la raffinatezza, trasformandola in una disciplina meno “nobile”. Personalmente non mi pongo questi problemi e non esito a ricorrere a soluzioni che esaltino il divertimento del mio sport e la cattura di un grosso pesce è molto divertente e appagante. Tuttavia ammetto che prendere una trota o un temolo con le mosche di superficie, oppure con le ninfe presentate a vista, dia maggiore soddisfazione ed emozione. In virtù di questo fatto, se adotto la tecnica della ninfa, anziché fissare al terminale uno strike indicator, compongo la montatura in modo da assegnare a un particolare artificiale il duplice ruolo di insidia da pesca, e quindi in grado di ingannare il salmonide, e di segnalatore di abboccata. Sostanzialmente creo un bracciolo sul finale e su questo fisso un artificiale di superficie di buona taglia e realizzato con ingredienti molto idrorepellenti, mentre quale mosca di punta “innesco” la ninfa che ritengo più adatta alla circostanza, scelta tra i modelli imitativi, oppure tra quelli di fantasia: le luccicanti Gold Head partecipano sovente alle mia battute di pesca. Questo sistema di pesca è molto simile allo “stile neozelandese”, da quale differisce soltanto per il modo di montare la mosca secca e la ninfa al finale. I pescatori della Nuova Zelanda, infatti, sono soli applicare la mosca secca direttamente sulla punta del terminale e fissano poi alla curva dell’amo di questo artificiale uno spezzone di monofilo di nailon, alla cui estremità legano la ninfa.

TAPIR, KLINKHAMMER & CO.

Picture
I requisititi fondamentali di una mosca secca che deve fungere anche da strike indicators sono la notevole galleggiabilità, la struttura che la renda facilmente distinguibile sull’acqua e l’attrattiva. Tale artificiale può essere un esemplare piuttosto verosimile agli animaletti esistenti e in attività sul fiume, oppure un modello di fantasia, in questo secondo caso realizzato con piumaggi o pelurie che esaltino il volume della sua struttura alare: quelli dalle tinte più accese appaiono ben visibili sia a lunga distanza, sia quando si pesca in condizioni di luce fioca, vale a dire al tramonto o sotto intricati tunnel di alberi.
  Sui fiumi più puliti, dove abbondano plecotteri e tricotteri, le mosche secche “segnalatrici” che preferisco utilizzare sono la Grey Tapir e la CDC Sedgehog, la prima riesce a imitare abbastanza bene quelle grosse stonefly che pattinano in superficie nelle ore pomeridiane e al crepuscolo, mentre la seconda può essere confusa per una delle tante sedge brunicce che saltellano di tanto in tanto a ridosso delle sponde. Entrambi i modelli sono costruiti con ingredienti leggeri e idrorepellenti, che riescono a conferire alla mosca una galleggiabilità tale da farla rimanere in superficie anche dopo lunghe sessioni di pesca. Non solo, considerare le loro generose dimensioni e il fatto che assomiglino ad alcuni dei più gustosi bocconi delle trote, queste insidie si rivelano ottime per esplorare il fiume in caccia, riuscendo talvolta a provocare la bollata dei salmonidi anche quando non sono presenti in superficie degli insetti e i pesci non sono intenti a bollare. Per realizzare la Grey Tapir e la CDC Sedgehog impiego solitamente ami a gambo dritto del numero 12, formando le strutture alari e i collarini abbondando con le quantità dei materiali: mi piacciono le mosche pelose, se queste devono stare bene in vista a galla.


Picture
Grey Tapir. In piena estate si rivelano molto attrattive le imitazioni di tricottero e di plecottero su tutti quei fiumi ben popolati da tali invertebrati

Picture
Brown Iris. Le imitazioni della serie Iris, oltre a rimanere ben a galla durante lunghe sessioni di pesca, sono eccellenti per pescare in caccia o durante la schiusa di moltissime effimere

Picture
Se la ninfa è leggera e tende ad affondare lentamente, può accadere che il terminale che la collega all’imitazione di superficie richieda un po’ di tempo per distendersi completamente. Da qui, l’abboccata del pesce può essere segnalata in ritardo, pregiudicando l’esito della ferrata

Picture
CDC Sedgehog. Il cul de canard e il pelo di cervo, soprattutto se mescolati assieme, consentono di realizzare mosche inaffondabili


Picture
Nei mesi in cui plecotteri e tricotteri alati sono poco o affatto attivi, ricorro alle imitazioni di effimera con la struttura alare arricchita di piume di cul de canard. La mia preferenza ricade spesso sulle mosche della serie Iris, che ritengo molto verosimiglianti e particolarmente catturanti in tante situazioni di pesca. Realizzando le Iris che devono svolgere anche il ruolo di strike indicator seleziono piume e hackles tra le più ricche di fibre, che applico ad ami del numero 14 o del 12: gli artificiali montati sugli uncini più grandi sono eccellenti su tutti quei corsi d’acqua in cui  abbondano gli ecdyonuridi di buone dimensioni, come il diffusissimo Ecdyonurus venosus, oppure l’Ecdyonurus Torrentis. Queste grosse mosche, se costruite con ingrediente dalle tinte giallastre o color avorio, funzionano altrettanto bene sui fiumi popolati dalle mosche di maggio.
  Ovunque trote e temoli manifestano una certa timidezza e una marcata selettività, imponendo al pescatore l’uso di mosche secche e di ninfe di taglia contenuta, impiego le Iris costruite su ami non più grandi del numero 16, che riescono a sostenere il peso di una ninfetta di analoga misura: tale connubio può rivelarsi davvero letale su certi chalk streams.
  Recentemente ho cominciato a rifornire le mie scatole con le mosche della serie Klinkhammer: imitazioni di tricottero emergente ideate dal pescatore olandese Hans van Klinken all’inizio degli anni Ottanta. Il modello che si presta meglio a svolgere la funzione di strike è quello con le ali in fine antron di tinto di rosa fucsia, oppure di giallo, o anche di arancione: colori che ben risaltano sulla superficie del fiume. Ho imparato ad apprezzare queste mosche in un mio viaggio in Irlanda, quando l’amico Andrew Ryan mi mostrò la sua tecnica di pesca sul fiume Nire, affluente del celebre Suir. In pratica Ryan adottava in tutto e per tutto lo stile neozelandese, annodando la sua Klinkhammer del numero 12 sul tip del finale e applicando uno spezzone di monofilo di nailon dello 0,15, lungo una cinquantina di centimetri, alla curva della mosca. Sulla punta di questo bracciolo “innescava” una Gold Head costruita su una amo del 14. Con quella montatura Ryan riusciva a insidiare le scaltre e paurose brown trout di quel piccolo corso d’acqua, potendole insidiare da buona distanza ed evitando di allarmarle o di insospettirle.
  Recentemente ho testato lo stile neozelandese sui fiumi Nera e Aniene e sono rimasto sorpreso della sua grande efficacia e del successo che ottenevo sondando quelle buche ai margini di una curva o ai fianchi di certi correntoni. In simili zone le trote, soprattutto nei momenti in cui gli insetti erano poco attivi, tendevano a occupare postazioni non lontane dal fondale e accettavano occasionalmente di addentare quegli incauti insetti che si spostavano tra le pietre o l’eventuale vegetazione sommersa. Riuscire a indurle a bollare allettandole con una mosca secca era assai difficile, ma se gli proponevo una ninfa, presentandola a buona profondità, era possibile ingannarle. Da qui, un’imitazione sommersa abbinata a uno strike indicator, o a una mosca di superficie che svolgeva anche il ruolo di segnalatore di abboccata, mi aiutava a rendere produttive quelle ore della giornata in cui il fiume appariva pressoché privo di vita.

Picture
Royal Wulff. Gli artificiali d'attrazione suscitano la curiosità del pesce
Picture
Hydropsyche Larva. Le ninfe con buone qualità imitative sono preziose nelle occasioni in cui ci misuriamo con pesci scaltri ed esperti
Picture
Molti dei tricotteri e degli efemerotteri abboccati dalle trote e dai temoli si trovano nella fase giovanile della loro esistenza

NINFE IMITATIVE E DI FANTASIA

Picture
Selezionata la mosca secca per il nostro bracciolo, o per la punta del finale se intendiamo realizzare la montatura col sistema neozelandese, dobbiamo decidere quale ninfa proporre ai nostri avversari. La nostra scelta deve tenere conto del tipo di fiume su cui stiamo per pescare e delle specie di insetti presenti e maggiormente attive in acqua. Allo stesso tempo va valutata l’esperienza in fatto di mosche maturata dai nostri possibili avversari, che potrebbe essere alta se ci troviamo in una riserva per la sola pesca con la coda di topo e con regolamento “no kill”.
  Su un’acqua libera, dove presumo che le trote, ma anche i temoli, siano poco selettive, le Gold Head sono i primi artificiali che impiego per comporre la mia montatura. La loro più che provata efficacia è indiscutibile e credo che la maggior parte dei moschisti amanti della pesca con la ninfa abbia conseguito un’infinità di catture impiegando questo genere di artificiali. Considerato il peso della perlina di metallo, per la pesca con la mosca secca/strike indicator realizzo Gold Head su ami di misura non più grande del numero 14 e impiego palline dorate in ottone, evitando quelle in tungsteno perché renderebbero troppo zavorrato l’artificiale. Unica pecca delle Gold Head è la loro grande popolarità e la peculiare fisionomia, che consentono alle trote che ne hanno saggiano la pungente e metallica consistenza di riconoscerle: a molti di noi sarà capitato di vedere scappare una bella fario non appena la Gold Head che le offrivamo entrava nella sua zona di caccia.
  Quando ipotizzo che i miei avversari siano piuttosto scaltri e esperti di Teste Dorate, lego al finale una ninfa con migliori qualità imitative, privilegiando modelli come la Pheasant Tail e le sue tante varianti, oppure la Faccia di Lepre, o anche i gamberetti gammarus, eccellenti su tutti quei corsi d’acqua in cui prospera la vegetazione sommersa.
  Ovunque abbondano i tricotteri compongo la montatura con la Sedgehog, o il Tapir, e con una ninfa che imiti la pupa o la larva di questi invertebrati. Le ninfe possono avere forme ben delineate e regolari, come la bellissima e molto imitativa Hydropsyche Larva, artificiale ideato dal celebre costruttore britannico Oliver Edwards, oppure una silhouette poco definita e ricca di appendici. Con questa coppia di artificiali, soprattutto nel periodo estivo, ottengo risultati davvero notevoli, riuscendo talvolta a catturare qualche bel pesce anche nelle ore più assolate e “statiche” della giornata: in simili circostanze è opportuno far scorrere le mosche lungo le sponde parzialmente coperte o sovrastate dalla vegetazione riparia.


Immagine
Copper & Gold Head. Su tratti di fiume con buche profonde conviene allungare lo spezzone di finale che reca in punta la ninfa e utilizzare un modello di artificiale piuttosto zavorrato

Immagine
Hairy Rhyacophila. Le mobili appendici che ricoprono la ninfa possono incrementare la sua attrattiva facendola apparire più simile a un insetto reale

FINALE CALIBRATO

Picture
Adottando la montatura neozelandese e applicando alla coda di topo un finale piuttosto lungo possiamo incontrare delle difficoltà a distendere correttamente la lenza, in particolar modo se peschiamo sulla breve distanza. La ninfa legata alla curva dell’amo della mosca secca rende più difficile la distensione del finale, pregiudicando anche la precisione del lancio e tale problema si amplifica quando il nostro “leader” ha una lunghezza superiore ai dodici piedi ed è composto con un tip lungo e sottile. Questo inconveniente può essere ridotto innestando alla coda di topo un finale poco più lungo di nove piedi e con un tip non eccessivamente sottile: il terminale può essere realizzato con circa cinquanta centimetri di monofilo di nailon dello 0,16/0,14. Il bracciolo della ninfa, invece, deve essere sufficientemente lungo da permettere all’artificiale di raggiungere i pesci disposti a poca distanza dal fondale, tenendo in considerazione la profondità media del tratto di fiume su cui stiamo pescando. In pratica, se peschiamo su un fiume di mezza montagna che ha una profondità media di circa 50/80 centimetri, con buche che superano abbondantemente il metro, il bracciolo potrà essere lungo 60/70 centimetri, in questo modo la mosca si aggancerà raramente alle pietre o agli ostacoli sul fondale, ma lavorerà a una profondità tale da essere facilmente intercettata anche dalle trote che soggiornano nei tratti più bassi del corso d’acqua.


Picture
Fornito da Crea il tuo sito web unico con modelli personalizzabili.